in due parole, tanto per non farla lunga.

La mia foto
Grafica milanese. Ossessionata, ossessiva, ossessionante (vedi alla voce figlia e madre e moglie, decisamente ossessionante). In un'altra vita volevo essere una di quelle tizie che vanno in giro a scoprire le nuove tendenze, si dice così? Come si porta l'orlo dei jeans e come ci si trucca per avere un aspetto vissuto ma etereo, cose di questo tipo. Nel frattempo cerco di fare poche cose ma discretamente bene. Non mi sono comprata l'impastatrice, per intenderci. E sono di quelle convinte che l'arte ci salverà la vita. Sempre se non ci prenderemo troppo sul serio, però.

martedì 28 febbraio 2012

il cinema italiano visto da milano.


Anche quest'anno abbiamo partecipato alla rassegna Il cinema italiano visto da Milano, in veste di giuria. Abbiamo assistito alle 5 proiezioni dalle poltrone del nostro affezionato cinema Metropolis, ma lo stesso programma si poteva gustare anche dallo Spazio Oberdan di Milano. Ed è stato davvero bello, è volato e avrei voluto che non finisse così in fretta. Una grande occasione di conoscere registi indipendenti che non hanno ancora avuto l'opportunità di vedere distribuiti i lavori film, ma che si allineano tutti su di un livello alto, spesso molto più alto dei prodottini italiani triti e ritriti e con i soliti nomi noti e rinoti.

Questi siamo noi:


La prima sera abbiamo visto
La strada verso casa
Samuele Rossi

Dalla pagina facebook:
"Esistono momenti in cui, d'improvviso, la vita si rompe e si blocca, come in un fermo immagine. LA STRADA VERSO CASA parla di questo, di tre fermi-immagine e del modo in cui tre dolori diversi e apparentemente slegati possano invece entrare in contatto e darsi a vicenda impercettibili spinte verso un nuovo, seppur sofferto, equilibrio."

Il film non mi ha pienamente convinta, mi è sembrato un pò lento e macchinoso, mi sono a tratti annoiata e infastidita da come sono stati tratteggiati alcuni personaggi. Ho apprezzato il basso budget e la scelta di utilizzare una troupe di under35, un buon lavoro svolto con serietà; non affine al mio modo di sentire, tutto qui.


La domenica pomeriggio è stata la volta di 
Appartamento ad Atene
Ruggero Dipaola

tratto dal romanzo
"APARTMENT IN ATHENS" di GLENWAY WESCOTT

da movieplayer:
 "Il film è ambientato nel 1942, nella Grecia occupata dai Nazisti. Ad Atene un appartamento viene requisito per ospitare un ufficiale tedesco. Nell'appartamento vivono gli Helianos, una coppia di mezza età un tempo agiata. Lui è un intellettuale spiritoso e paziente, proprietario di una piccola casa editrice, lei una donna di casa, ansiosa e malaticcia. I due hanno un figlio di dodici anni animato da melodrammatiche fantasie di vendetta, e una bambina di dieci che soffre di un forte ritardo mentale. Con l'arrivo del capitano Kalter tutto è cancellato. Metodico, ascetico, crudele, Kalter è un dio-soldato che impone il terrore. Gerasimos Skiadaressis interpreta il marito della Morante, mentre Richard Sammel veste i panni del feroce ufficiale nazista.
Il film ha ottenuto il riconoscimento di opera di interesse culturale e il relativo finanziamento.
"


Questa è la pellicola che a parer mio meritava di vincere.
Toccante ma non melenso; duro, diretto, ma delicato. La guerra osservata da un punto di vista molto particolare, decentrato, sottile. Poetico. Credo che abbia parecchie possibilità di emergere nelle sale italiane, anche grazie alla generosa interpretazione della Morante.
Il regista nella vita di tutti i giorni è un avvocato. Mi è piaciuto da morire che si fosse talmente lasciato rapire dal romanzo da avere il bisogno fisico di girare quest'opera. La sua è una grande passione, e si sente.




La terza sera ci siamo svagati e abbiamo riso davvero di cuore 
con una commedia adorabile.
Cara, ti amo
Gian Paolo Vallati

"La commedia Maschia che tutte le donne dovrebbero vedere"

da wikipedia:
"È la storia di quattro amici che, alla soglia dei quarant'anni, affrontano le loro vicissitudini quotidiane con l’altra metà del cielo e si confrontano per cercare di capire il mondo femminile. Tutti e quattro hanno alle spalle una relazione che ha lasciato strascichi, cicatrici o semplice allergia ai rapporti di coppia, così nel tempo la loro amicizia è diventata una valida alternativa alla protezione affettiva del rapporto di coppia. Rosario fa l'autore di programmi televisivi trash, ed è circondato da ragazze che vogliono circuirlo per avere un posto sotto i riflettori della tv. Stefano, architetto tormentato da ricche clienti della Roma-bene, è single e ha rinunciato al sesso da oltre un anno. Paolo fa il barman in un locale del centro città, sempre indeciso tra la futile piacevolezza del suo lavoro e la ricerca di un impiego serio. Raffaele è un maestro di tennis con un solo hobby: la conquista della femmina, chiunque essa sia. Attraverso le loro storie si svelano le inconfessabili nevrosi e follie della donna contemporanea. E l’impossibilità per gli uomini di comprenderne le ragioni. Eppure il loro destino, come quello di tutti gli uomini eterosessuali in età adulta, è di relazionarsi con l’universo femminile. Un’impresa impossibile, che porta i quatto amici a sperimentare, con possibili fdanzate, amiche o amanti di una notte, situazioni assurde, comiche o semplicemente surreali."


Il film prende le distanze dalla volgare commedia vanziniana, riuscendo allo stesso tempo ad evitare pose o snobismi. Ho trovato il regista una persona umile e fresca, come credo ce ne siano poche nell'ambiente. Gli uomini e le donne del film sono dipinti in maniera veritiera, e non vedo come ci si possa sentire offese o scioccate dalle situazioni rappresentate, eppure alcune donne si sono stizzite. Mah! Non è il film che ci cambia la vita ma ridere di noi stessi non può certo farci male. Anzi.
Il regista ha dichiarato che Cara, ti amo... è costato come 50 secondi di Manuale d'Amore 3.


La quarta sera ero davvero preoccupata e sono andata al cinema con molti pregiudizi.
Maternity Blues
Fabio Cattani

"Quattro madri assassine commuovono il Lido"
La Repubblica 

dal sito del film:
"Quattro donne diverse tra loro, ma legate da una colpa comune: l’infanticidio. All’interno di un ospedale psichiatrico giudiziario, trascorrono il loro tempo espiando una condanna che è soprattutto interiore: il senso di colpa per un gesto che ha vanificato le loro esistenze. Dalla convivenza forzata, che a sua volta genera la sofferenza di leggere la propria colpa in quella dell’altra, germogliano amicizie, spezzate confessioni, un conforto mai pienamente consolatorio ma che fa apparire queste donne come colpevoli innocenti.
Clara, combattuta nell’accettare il perdono del marito, che si è ricostruito una vita in Toscana, sconta gli effetti di un’esistenza basata su un’apparente normalità. Eloisa, passionale e diretta, persiste ogni volta nel polemizzare con le altre, un cinismo solo di facciata. Rina, ragazza-madre, ha affogato la figlia nella vasca da bagno in una sorta di eutanasia. Vincenza, nonostante la fede religiosa sarà l’unica a compiere un atto definitivo contro se stessa. Ha ancora due figli, fuori, e per loro riempie pagine di lettere che non spedirà mai."



L'argomento è davvero spesso. Di mia iniziativa non amo farmi del male scegliendo pellicole che trattano tempi del genere. Fa comunque riflettere, e poi amo talmente tanto il cinema come concetto, che mi sento arricchire da ogni esperienza visiva ed emotiva che provo in sala.
Non ci posso fare nulla: è il regista a non avermi convinto.
Il film è ben fatto, curatissimo nei dettagli e nei dialoghi.
Ma nel suo proclamare amore sconfinato per tutte le donne, esseri superiori ai suoi occhi, mi è sembrato che volesse cercare la strada facile della ruffianeria.
Sarò cinica io. Sarà che mi toccano dentro uomini molto diversi da questi. Sarà che posso comprendere e riflettere benissimo sul problema dell'infanticidio senza che si faccia una sviolinata a tutto il genere femminile per convincere. Lo so, sono troppo dura in questo caso, ma tant'è. La cosa bella della rassegna è poter conoscere da vicino i registi e sentirli raccontare, e questo a volte è controproducente per il regista stesso.
Il film ha vinto il concorso.
 

L'ultima sera, oltre alla malinconia perchè la rassegna stava finendo, sono partita molto prevenuta. Non mi ispirava proprio questo film.
Isole
Stefano Chiantini

da mymovies:
"Un muratore dell'est europeo in cerca di lavoro, arriva in Italia insieme al padre anziano, facendo il viaggio verso la costa adriatica vicino a Termoli e le Tremiti. Ivan è alla disperata ricerca di lavoro. Un giorno la sua ricerca lo porta su un'isola vicina, dove si ritrova bloccato, senza un soldo e incapace di fare ritorno a casa nello squallido appartamento che condivide con il padre malato. All'arrivo dei soccorsi, quasi magicamente, sotto forma di una giovane donna muta, appare Martina. La giovane si è ritirata nel silenzio, vive con un prete di mezza età che recentemente ha avuto un ictus. Don Enzo è orgoglioso e indipendente e crede che il suo custode abbia messo gli occhi su un pezzo di terreno utilizzato per la casa delle sue amate api. Nel frattempo, mentre Ivan passa sempre più tempo nella casa di Enzo, diventa molto curioso nei confronti di Martina donna misteriosa che cerca conforto con le api, ma si ostina a non parlare."




Una pellicola emozionante, un pò ostica, girata interamente alle Tremiti, in un'atmosfera ventosa, profumata, aspra.
La trama letta su carta mi pareva loffia, e Asia Argento non è propriamente la mia attrice favorita. Invece Chiantini è stata la sorpresa di questa rassegna. Mi è piaciuto tanto starlo ad ascoltare, dopo la visione del film; ha parlato di se stesso e dell'impulso che lo porta sempre a realizzare film che parlano della solitudine: è un pò il suo tema ossessivo, e non riesce a staccarsene. Infatti è uno di quei tipi malinconici che però fanno ridere, portano allegria, e che alla fine ti buttano lì quelle due/tre parole che sanno arrivare esattamente dove io stessa avevo bisogno che arrivassero. Nell'ultima mezz'ora dell'ultima sera, per quanto mi riguarda, è entrato il ballo il cuore, e mi sono commossa.

Questo film assomiglia ad una poesia di Ungaretti che ho sempre amato molto,
e che voglio ricopiarvi.

Quando
la notte è a svanire
poco prima di primavera
e di rado
qualcuno passa
Su Parigi s'addensa
un oscuro colore
di pianto
In un canto
di ponte
comtemplo
l'illimitato silenzio
di una ragazza
tenue
Le nostre
malattie
si fondono
E come portati via
si rimane

3 commenti:

Marta Silenzi ha detto...

E dietro le spalle del capitano Kalter una versione de "L'isola dei morti" di Arnold Böcklin...sapevo che aveva un significato portante...

Sei proprio brava a scrivere recensioni, di film o libri, sei comunicativa e il concetto di condivisione con te assume tinte molto intense.

pa ha detto...

non hai idea di cosa significhi per me che quello che scrivo possa piacere e interessare qualcuno!
pa

Stargirl ha detto...

Anche io voglio entrare nella giuria!!!! :D

bazzicano da queste parti:

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