in due parole, tanto per non farla lunga.

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Grafica milanese. Ossessionata, ossessiva, ossessionante (vedi alla voce figlia e madre e moglie, decisamente ossessionante). In un'altra vita volevo essere una di quelle tizie che vanno in giro a scoprire le nuove tendenze, si dice così? Come si porta l'orlo dei jeans e come ci si trucca per avere un aspetto vissuto ma etereo, cose di questo tipo. Nel frattempo cerco di fare poche cose ma discretamente bene. Non mi sono comprata l'impastatrice, per intenderci. E sono di quelle convinte che l'arte ci salverà la vita. Sempre se non ci prenderemo troppo sul serio, però.

martedì 24 aprile 2012

Urlo (Howl), il film.


Urlo
di Rob Epstein e Jeffrey Friedman 
USA 2010


In principio furono Hemingway e Fitzgerald. 

Poi arrivò la seconda guerra mondiale, così terribile, sconvolgente da non crederci. Anche per un americano fiducioso nel proprio paese e nel futuro: la seconda guerra mondiale segnò tutti indelebilmente. 

Dalle ceneri nacque una nuova razza di scrittori. Si fece largo in maniera pacifica, ma non modesta. Sorridente, ma non compiacente. Aggraziata, ma per nulla timida. Erano i pazzi fiori del jazz. 

Io li ho scoperti a 16 anni, negli anni novanta, e per tutta l'adolescenza mi hanno accompagnato; li ho studiati a fondo come studia soltanto chi ha realmente sete di libri, senza tralasciare nessuna sfumatura, neanche un rigo a piè di pagina, sottolineando, ricopiando, dedicando estratti, ripetendoli mentalmente, in loop. Nel mio zaino, nel ripiano basso dei miei banchi, c’era sempre un Kerouac tascabile. Lo leggevo durante le interrogazioni di chimica, o tra una lezione e l'altra, per poi riprenderlo in mano a casa, con disapprovazione da parte dei miei genitori: da mamma perchè avrei dovuto concentrarmi meglio sui libri di scuola (ma avevo buoni voti quindi erano proteste passeggere, lievi) e da parte di Flappy perchè, mi ripeteva sempre, "vivi di più e leggi di meno!" (ma lui alla mia età era uguale, e poi chi è che mi aveva fatto conoscere On the road?).

Per molto tempo non mi sono più occupata dei beatnik. Ma ultimamente sento ancora la stessa urgenza, lo stesso spirito ribelle, che si era solamente assopito; prerogativa principe per poterli apprezzare. Sarà la maturità, che sta arrivando sotto mentite spoglie e mi sussurra: sei fatta così, non cambierai mai nemmeno ora che usi la crema antirughe.

Tra l'altro, consiglio a tutti quelli che usano il termine hipsters impropriamente, e non se ne può più, di documentarsi bene prima di autodefinirsi così.


Questo film si concentra sul componimento URLO di Allen Ginsberg, letto per la prima volta in pubblico nel 1955.
La pellicola scorre su quattro differenti registri di narrazione, che si intersecano puntualmente, in maniera un po’ troppo statica e monotona, a mio parere (ma è una visione interessantissima e la consiglio a tutti, indistintamente):


a) Un Allen Ginsberg trentenne, interpretato dal bravissimo e trasformista James Franco, parla del proprio metodo di scrittura, di come avviene in lui il processo creativo e di cosa si propone di fare attraverso la sua arte. Narra di fatti privati che hanno ispirato il poema e di come sia riuscito a metterli su carta. Di cosa è per lui fare letteratura, insomma. L’intervista si svolge nel suo appartamento, è girata a colori. 


 b) Animazioni non particolarmente belle, un po’ naif (senza la forza potente che potevano avere quelle di The Wall, per intenderci), davvero troppo didascaliche, illustrano i vari passaggi di Urlo, recitati da James Franco. Una graphic novel che per molti risulterà un interessante esperimento: per me se ne poteva fare a meno. Mi pare che sporchi, appesantisca tutto.



c) Ginsberg, durante un reading, legge appassionato ad una folla rapita di amici, scrittori dell’epoca e ammiratori. La scena è girata in bianco e nero, in un fuomoso piccolo localino newyorchese.



d) Spezzoni del processo: in aula si succedono i testimoni, l’accusa, la difesa. Ascoltiamo le motivazioni di diverse rilevanti personalità dell’epoca. La scena è girata in tonalità molto calde, ambrate. Il processo si concluderà con l’assoluzione dell’editore Lawrence Ferlinghetti, della City Lights, un mito per molti di noi.



L'aspetto più affascinante di questa pellicola a mio parere è proprio la testimonianza di Ginsberg, il racconto di quanto si sia sentito sbagliato e solo durante la sua giovinezza, a causa di alcune tragedie familiari e anche, soprattutto forse, a causa della propria omosessualità; lo sappiamo, essere gay in America causa qualche problemuccio ancora oggi, negli anni cinquanta quanto doveva essere arduo affrontare a testa alta "quelli che benpensano"?
Lo scrittore trova se stesso, e con se stesso trova salvezza, solo attraverso la propria scrittura. Scrittura che dev'essere onesta intellettualmente e non deve tentare di scimmiottare altri venuti prima; scrittura come trasposizione della propria anima, parola molto importante nel film, nello stile nervoso e jazz adeguato alla vita di chi scrive, e non a quella dei censori. Scrittura che sia di esempio agli altri giovani perduti nelle strade d'America e del mondo intero: una nuovo via da percorrere, la testimonianza che un nuovo radicale modo di vivere e di scrivere è possibile, e auspicabile.


Sono con te a Rockland 
dove sei piu' pazzo di me 

Sono con te a Rockland 
dove dovrai sentirti ben strano 

Sono con te a Rockland 
dove imiti l'ombra di mia madre 

Sono con te a Rockland 
dove hai assassinato le tue dodici segretarie 

Sono con te a Rockland 
dove ridi per questo umorismo invisibile 

Sono con te a Rockland 
dove siamo grandi scrittori sulla stessa orribile macchina da scrivere 
Sono con te a Rockland 
dove la tua condizione e' diventata seria e lo riporta la radio 

Sono con te a Rockland 
dove le facolta' del cranio non tollerano piu' i vermi dei 
sensi 

Sono con te a Rockland 
dove bevi il te' dal seno delle zitelle di Utica 

Sono con te a Rockland 
dove fai battute sul fisico delle tue infermiere le arpie del Bronx 

Sono con te a Rockland 
dove gridi in camicia di forza che stai perdendo la partita 
dell'autentico pingpong degli abissi
Sono con te a Rockland 
dove pesti sul pianoforte catatonico l'anima e' innocente e 
immortale non dovrebbe morire mai empiamente in un manicomio armato

Sono con te a Rockland 
dove cinquanta altri shock non restituiranno mai piu' la tua anima al corpo 
dal suo pellegrinaggio verso una croce nel nulla 

Sono con te a Rockland 
dove accusi i dottori di demenza e trami la rivoluzione 
ebrea socialista contro il Golgota nazionale fascista
Sono con te a Rockland 
dove separerai i cieli di Long Island e farai risorgere il tuo 
vivente Gesu' umano dalla tomba sovrumana
Sono con te a Rockland 
dove ci sono venticinquemila compagni rabbiosi che cantano tutti assieme 
le strofe finali dell'Internazionale
Sono con te a Rockland 
dove abbracciamo e baciamo gli Stati Uniti sotto le lenzuola gli 
Stati Uniti che tossisce tutta la notte e non ci lascia dormire
Sono con te a Rockland 
dove ci svegliamo elettrificati dal coma per gli aeroplani delle 
nostre anime che rombano sul tetto sono venuti a sganciare bombe angeliche 
l'ospedale si illumina mura immaginarie franano 
O smunte legioni 
correte fuori 
O scossa di grazia a stelle e strisce la guerra 
eterna e' giunta 
O vittoria lascia perdere le mutande siamo liberi
Sono con te a Rockland 

nei miei sogni cammini gocciolando da un viaggio di mare sull'autostrada 
attraverso l'America in lacrime verso la porta della mia villetta 
nella notte 
dell'Occidente

5 commenti:

Marta Silenzi ha detto...

Sicuramente uno dei 'miei' film. Lo avevo deciso anche prima di vederlo(a casa, perché qui al cinema di certo non lo hanno passato). Uno dei 'miei' film come Pollock di Ed Harris, o come The Doors di Oliver Stone, uno di quelli che parlano delle mie cose, cioè della musica, della pittura, dei libri, dei luoghi che ho adottato nel corso dei miei anni, o che forse hanno adottato me.

Noi due ne abbiamo già parlato. Siamo concordi sul ritmo e sull'animazione, che io ho proprio negato. Quanto al resto... per chi ama Ginsberg, per chi ha divorato Urlo sottolineando e sottolineando (io ce l'ho nella versione Jukebox all'Idrogeno in coppia con Kaddish e magnifica prefazione di Fernanda Pivano), per chi ha sentito la chiamata dei "battuti e beati" è quasi un'estasi.

Una cosa curiosa è questa del termine Hipsters. Te lo sento dire e scrivere spesso. Qui da noi non si usa. Lo conoscevo da queste letture e le due accezioni non mi quadravano, così ho fatto qualche ricerca per capire il nesso e direi che nel tempo il significato si è ribaltato. Promuovo la definizione originale, la sposo, la faccio mia come da adolescente. Boccio la generazione troppo costruita che si appropria di termini lontani senza sapere e senza capire.
Non te ne avevo parlato, ma ecco che viene fuori da sè...hehe!

Quando vieni in estate propongo di andare insieme a comprare libri alla libreria Ferlinghetti di Fermo!

pa ha detto...

il termina hipsters qui a milano si usa moltissimo, ed è stato completamente snaturato. avendo letto molto dei "veri" hipsters anni cinquanta, sono molto critica in merito.

la tua proposta estiva verrà immediatamente accettata appena approderò sulla costa!
speriamo di riuscirci perchè adesso muoio dalla voglia!

kovalski ha detto...

bello bello bello. il film. howl. kerouac. dean moriarty/nela cassidy che dir si voglia. bello il film. bello avere 17 anni e perdersi in quei libri. bello tutto. bello. beato. beat.

Garba ha detto...

Ok prometto che questo lo leggo appena riesco perché ho visto mezzo film nel dormiveglia ed è tanto tempo che non ti scrivo cose stupide.

Garba ha detto...

La cosa di "hipster" è impossibile da correggere ormai, oltre al fatto che negli usa i giovincelli coi soldi e le vaccate vintage andavano di moda da ben prima che noi in italia vedessimo anche solo la loro ombra (tipo cinque anni fa). Il film mhh mi è piaciuto solo nelle scene bn dove recita, la parte d'animazione terribilissima. Mi dispiace per il soggetto, secondo me si poteva fare molto di più.

bazzicano da queste parti:

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