Il portiere non ci chiese nemmeno i passaporti.
"bene, sembra non ci siano altri clienti", dissi. ma salendo le scale ci spaventò il silenzio e qualcosa che pareva un'attesa. consacrammo a nostri idoli le montagne intorno, confidando nella loro protezione. in camera accendemmo tutti i radiatori (non ne avevamo mai visti, come in quel posto, appesi sopra il letto) e mettemmo i vestiti ad asciugare.
la pioggia ci aveva perseguitati per tutto il viaggio.
lungo i corridoi male illuminati i cartelli parlavano di gite al mare. c'erano foto di discoteche e di comitive che brindano nella reception a testimoniare l'ottimo servizio.
ci sedemmo a leggere, a disagio, su tavolini che sembravano aspettare altra gente in un altro momento.
il mattino dopo visitammo la città dei morti.
le tombe erano scavate dappertutto sul fianco della montagna, una sull'altra, il mare di fronte. in un ristorante ordinammo le stesse cose che mangiavamo da una settimana.
eravamo stanchi di novità.
partimmo il giorno stesso.
nessuno ci chiese dove saremmo andati.
in quel posto nessuno immaginò chi fossimo.
(La città morta, Massimo Volume)
in due parole, tanto per non farla lunga.
- pa
- Grafica milanese. Ossessionata, ossessiva, ossessionante (vedi alla voce figlia e madre e moglie, decisamente ossessionante). In un'altra vita volevo essere una di quelle tizie che vanno in giro a scoprire le nuove tendenze, si dice così? Come si porta l'orlo dei jeans e come ci si trucca per avere un aspetto vissuto ma etereo, cose di questo tipo. Nel frattempo cerco di fare poche cose ma discretamente bene. Non mi sono comprata l'impastatrice, per intenderci. E sono di quelle convinte che l'arte ci salverà la vita. Sempre se non ci prenderemo troppo sul serio, però.
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